Venezuela, il Canaima Nationa Park
Siamo nella seconda città del Venezuela, Ciudad Bolivar. Qui scorre maestoso il Rio Orinoco, che insieme al Rio delle Amazzoni, è tra i fiumi più grandi del mondo.
Pensate, il delta dell’Orinoco, che fa confluire le sue acque fangose nel Atlantico, si estende per circa 100 km e nonostante tale distanza, il fiume segue e subisce le maree dell’Oceano: assistiamo quotidianamente al fenomeno mozza fiato dell’alta e bassa marea “di fiume”.
Ciudad Bolivar non è una città piacevole: alle 17.00 scatta una sorta di coprifuoco, tutti i negozi chiudono e se non ti sei organizzato per mangiare qualcosa in tempo, digiunerai fino al mattino successivo, tutti si ritirano e ti invitano a fare altrettanto.
Siamo qui solo perché Ciudad Bolivar è la base di partenza per l’escursione al Salto Angel, forse più nota a noi occidentali come Angel Fall, la cascata più alta del mondo (979 metri); si trova nel cuore della foresta amazzonica dello stato di Bolivar, nel sud del Venezuela.
La vera avventura però è raggiungerla: l’escursione prende il suo via con un piccolo volo a 5 posti sul quale viaggiano con noi due ragazze italiane, Micaela e Francesca e un ragazzo canadese, Nico, in seguito nostro splendido compagno di viaggio fino all’ingresso in Brasile.
Il Venezuela presenta la natura più selvaggia e incontaminata da noi incontrata sino a questo momento del viaggio. Per un’ora, lo scenario sotto di noi è meraviglioso. Ho un groppo in gola per tutto il tratto. Circa due ore di volo durante le quali il mio sguardo ha goduto solo ed esclusivamente dei colori della vita: il verde delle foreste immerse nel marrone delle acque fangose e paludose dell’Orinoco, il blu del cielo e il gioco stupendo di colori che solo il sole sa fare quando si unisce alle nuvole penetrandole con i suoi raggi, l’arancione, il giallo, il viola degli arcobaleni. Un vero quadro, un quadro di quelli che solo i bambini sanno ancora dipingere quando giocano a provare tutti i pastelli che hanno a loro disposizione.
Il giorno dopo il nostro arrivo nel Parco Canaima, ha inizio l’ avventura: 5 ore di lancia per risalire il Rio Carrao, fiume a tratti calmo a tratti con rapide incredibili che ci bagnano penetrandoci fino alle ossa, attraversando paesaggi “preistorici” per arrivare al campo base, situato sulle sponde del fiume di fronte al Salto Angel.
Una volta arrivati qui, inizia la pioggia. Una pioggia battente, la vera pioggia tropicale, quella che in poche ore da origine a inondazioni lampo e ad innalzamenti dei livelli dei fiumi nell’ordine di qualche metro. Ma la meta è ancora lontana, ci bardiamo opportunamente e cominciamo la risalita verso il Mirador dell’Angelo: un trekking di 1 ora circa salendo 400mt attraverso la selva. Ragazzi, quanta pioggia, siamo a dir poco fradici. Arriviamo e tutto è immerso nelle nubi, nella pioggia, nell’umidità, non si vede nulla, tentiamo un paio di foto. Le macchine fotografiche saranno da buttare il giorno dopo. E infine cediamo il passo agli eventi naturali, preoccupati di non riuscire più a scendere dalla montagna.
Una volta tornati al nostro “campamiento”, ci aspetta una cena meravigliosa con pollo alla griglia, tutti attorno al fuoco approfittandone per farci asciugare addosso gli abiti ancora impregnati d’acqua.
Qui conosciamo Norioshi, un giapponese di 50 anni partito con la nostra stessa spedizione. Ci racconta che sta realizzando il sogno della sua vita, quello che aveva sin da bambino; alle scuole elementari aveva visto in un libro una foto del Salto Angel e a partire da quel momento aveva deciso che un giorno sarebbe andato a vederlo. La moglie ha paura di volare, così lui ha atteso e atteso per tutta la vita finché si è deciso a venire a incontrare il suo sogno anche da solo e, sono convinta, che il suo sogno non lo ha deluso e che ora starà con lui per tutto il resto della sua esistenza.
Poi, finalmente, stanchissimi e umidicci, tutti a letto.
Vi chiederete ma in che genere di letto si dorme in un posto così? Beh, il migliore dei letti che si possa desiderare: un’amaca. Intorno a noi solo la quiete degli alberi, la brezza del vento, la corrente del fiume, i versi degli animali e la luce delle stelle. Il paradiso sulla terra. Il cielo promette bene, puntiamo la sveglia per le 4 del mattino.
E lui è là, in tutta la sua immensità, la cascata più alta al mondo che scende dal AuyanTepui (2340mt). E pensare che l’acqua della cascata non è alimentata da nessun fiume ma solo dalla pioggia e dall’ umidità che si accumula sulla sommità del Tepui. Il paesaggio è preistorico, non a caso Arthur Conan Doyle è qui che ha trovato ispirazione per il suo libro “Il mondo perduto”, ed è qui che hanno girato Jurassic Park.
Per chi si stesse chiedendo cosa sono i Tepui; si tratta di immensi altopiani (table top mountaine) la cui superficie, nel caso dell’Auyan Tepui (“Montagna del Diavolo” nella lingua degli Indios Pemon) è di 700kmq (c’è spazio per far accumulare un bel po’ di acqua piovana specie durante la stagione delle piogge e specie dopo aver preso quella che noi abbiamo preso proprio ieri).
Selvaggio, sconfinato, libero, incontaminato, primordiale, puro, originale, sono parole che danno una vaga idea del posto. La cascata è stupenda, incredibile; si staglia nella cornice verde lussureggiante della foresta tropicale, schizza sulle rocce circostanti e insieme ad esse e alle nubi, che sono sempre pronte a intervenire, gioca formando centinaia di arcobaleni. Siamo i soli ad essersi alzati; tutti gli altri dormono ancora e io e Pier rimaniamo lì imbambolati a parlare con l’anima del mondo. La senti, è lì con noi. È una delle prime volte che la percepiamo così forte e non è un caso che sia accaduto proprio quando siamo completamente immersi nella natura. Ci sentiamo vivi come non lo siamo mai stati e vorremmo pietrificarci lì, in quello stesso istante, invidiosi del fiume, delle rocce e degli alberi circostanti che ogni mattina, puntualmente, prima che le nubi arrivino, si possono godere quello spettacolo che sa di miracoloso. La sensazione di onore che proviamo in quel frangente è inspiegabile: onorati di essere vivi e parte del pianeta. Orgogliosi di abitare una terra così infinitamente bella e viva.
Melissa e Pierluigi