Vivere a Praga: la storia di Paolo
Quando giunsi a Praga avevo con me solo 300 euro, un biglietto di andata e ritorno di quelli low cost (fortunatamente sono tanti i voli per Praga di quelli che costano meno di cento euro), tanta voglia di conoscere la città, Lucky Strike, un boccaccio di Nutella e poche, recondite speranze.
Ma prima di aprirmi a voi, sarebbe tuttavia gentile, e di certo illuminante, abbozzare una breve schizzo di chi scrive. Paolo, 32 anni, amici, calcio, musica (adoro il rock anni ’70) e una lunga storia con Elena, naufragata dopo anni di vele spiegate ad una tempesta che si preannunciava da anni all’orizzonte. Forse la mia vedetta era girata dall’altra parte. Laurea in ingegneria in tasca, di quelle 110 e lode costate notti sui libri, capelli radi, sigarette a catena e formule matematiche.
Dopodiché i vari progettucoli a tempo determinato, di quelli che Madama Fortuna mi concedeva dopo canzoni intere di “le faremo sapere”, “curriculum interessante, ma…”, “Lei è troppo qualificato per lavoro”. Fortunatamente ho provveduto io a squalificarmi in progettini di bassa lega o avrei dovuto chiedere finanche a mia mare i soldi per il caffè.
Fatto è che quando mi si ventilò l’ipotesi di un colloquio presso un’azienda a Praga – soffiata da parte di Massimo, che ormai si era trasferito da un paio d’anni nella capitale ceca, acquistai il biglietto con l’indifferenza di chi acquista il biglieto del tram per raggiungere la zia in un altro quartiere. Se qualcuno mi avesse detto quanto sarebbe valso quel biglietto, forse l’avrei già incorniciato.
A Praga sbarcai una mattina di metà novembre, dal clima accogliente come una cella frigorifero. Poco male, di certo non ero lì per il mare. Massimo abitava e abita ancora dalle parti del monastero di Brevnov e fortuatamente il tasista capì al volo altrimenti avrei potuto soltanto piangere: la lingua ceca è qualcosa di incredibile, ormai vivo a Praga da 4 mesi e riesco ancora a stento a dire “Buongirono” e “buonasera”. Breve annotazione per l’avventuriero che ha scelto Praga: armarsi di un libro di grammatica, di santa pazienza e di antidepressivi a base di nutella: ce ne vuole prima di articolare suoni quali “co je autobusová zastávka… ?” (qual è la fermata del bus per…?).
Ad ogni modo, la sera stessa passeggiamo per la città e fu subito folgorazione.
Prendete tutte le guide che trovate per internet e le dichiarazioni ammirate di amici che sono stati a Praga: addizionatele e moltiplicatele per mille. Avrete un’idea di cosa significhi camminare per il Ponte San Carlo o per Malà Strana. C’è da dar fondo all’intero dizionario della lingua italiana per descriverla: bella, magnifica, magnificente, sublime, fascinosa, misteriosa, romantica, intensa, appassionata, travolgente, maestosa e chi più ne ha più ne metta.
Il colloquio di lavoro fu un inglese. Ricordo che ebbi una buona sensazione, ma ormai le illusioni delle “belle sensazioni” mi avevano sfibrato e tornando preferii accantonare, pur con amarezza, qualunque rosea prospettiva e godermi la vacanza.
La sera stessa, inoltre, potei finalmente dedicarmi alla birra ceca, che la sera precedente non “approfondì” a causa del colloquio dell’indomani. I cechi sono orgogliosi della loro birra e come dar loro torto ? Ce n’è per ogni gusto, colore, dolcezza e… quantità. Il venerdì e il sabato sera non è difficile incontrare per strada torme di schiamazzanti palesemente su di giri. Talvolta contribuisce a creare una certa, gioiosa atmosfera, a volte magari il volume e il tono è decisamente imbarazzante, ma dacché vivo qui non ho mai avuto un solo problema. Certo, un paio di risse le ho viste, ma torno a dire, a non importunare nessuno non si viene mai importunati. Inoltre da queste parti la polizia non è esattamente tenera con gli ubriachi molesti.
In tutti i modi, mercoledì mi apprestavo a far le valigie, a ringraziare Massimo della bella possibilità e tornare al grigiore della mia vita sonnolenta di provincia centroitaliana quando lessi l’e-mail che mi cambiò l’esistenza. Ero stato preso, avrei cominciato il lunedì seguente.
Lo annunciai alla mia povera madre su Skype e quasi non le venne un colpo, santa donna. Strappa il biglietto di ritorno e la sera portai Massimo a festeggiare con me. Naturalmente a base di pivo, la birra ceca. Cominciava una nuova avventura.
Quattro mesi son passati. Trovai un appartamento con un canadese e un tirolese che parlava poco italiano, ma lo capiva bene, a Praga 6. Non era proprio comidissimo da lì raggiungere l’ufficio e il centro, si è dall’altra parte del fiume e bisogna prendere due tram, ma in compenso l’appartamento è abbastanza economico, cosa che non guasta. Come ho già detto, la lingua è un bel prblemino, non è mica facile il ceco. Fortunatamente al lavoro l’inglese va benone perché lavoro in un team internazionale e Praga è una città che negli ultimi vent’anni ha visto così tanto turismo da essersi internazionalizzata ben bene, si vive benissimo anche col solo inglese. Tuttavia, non manco di imparare pochino pochino al giorno.
Il clima è decisamente ostile per noi mediterranei. A dicembre e gennaio si piangea dal freddo e a ciò contribuiva anche quell’allegra umidità simpaticamente regalataci dalla Moldova, quell’umidità gentile che attraversa dolcemente i tessuti e scuote la ossa anche se indossi praticamente le pecore vive addosso.
Particolare marginale, se vien da pensare alla vita sociale della città. Innanzitutto i praghesi anno un infinito rispetto per qualunque forma musicale e trovare quindi un locale dove si suona dal vivo, il finesettimana, è come cercare il sole d’agosto, direbbe mia nonna. Praticamente ogni due-tre angoli un locale ospita una band o ci sono eventi musicale in questo o quel contesto.
La presenza italiana è relativamente nutrita e non è difficile crearsi già dopo qualche tempo un giro sia di amici di scorrerie notturne fra pub e locali, sia di negozi e salumerie italiane che non faciano mancare troppo i sapori della propria terra. Non che nella cucina praghese non mancihon le leccornie, eh: i “knedliky”somigliano un po’ ai nostri gnocchi e il sapore non se ne discosta molto, il “veprova vecene” è un arrosto in zuppa pure squisito e i dolci non mancano. Solo che alla lunga sono sapori forse un po’ pesanti per noi dediti con gusto alla dieta mediterranea.
Nostalgia che si scaccia relativamente facilmente per chi, come me, è del Lazio: i collegamenti fra Praga e Roma sono numerosi e con alcune compagnie low cost, tipo Smartwings o con offerte della Czech Airlnes la Capitale si raggiunge a pochi euro, in due orette.